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Camelopardalus - Hevelius, Uranographia, XVII sec.

Camelopardalis, ovvero la Giraffa

Nell’antichità, come abbiamo già avuto modo di vedere, il cielo, era molto presente e significativo nella vita quotidiana delle persone.
Le porzioni di cielo visibili venivano quindi suddivise in asterismi e dotate di nomi.
Ai nomi veniva poi assegnata una storia, un mito che ne spiegasse l’origine o la particolarità.
Tuttavia, per secoli, una regione del cielo circumpolare, ossia una di quelle zone visibili sempre durante tutto l’anno, e per questo motivo particolarmente ricche di significato, era rimasta vuota.
Per secoli non abbiamo menzione che nessuno si fosse preso il disturbo di nominare quell’area che noi sappiamo essere abitata da uno degli animali più esotici mai comparsi, un cammello leopardato.

Zona di cielo vuota, Stellarium, Costellazioni greche (Almagestum)

Chi conosce di astronomia non sarà d’accordo con questa affermazione, in quanto, la costellazione di cui sto parlando si chiama sì Camelopardalis (Camelo Pardalus secondo altre fonti), ma in italiano è nota come Giraffa.
Ebbene, bisogna allora precisare che per i greci prima, per i latini poi, la giraffa veniva considerata quale un cammello (per via del lungo collo) dal manto maculato, leopardato per l’appunto. Il termine italiano Giraffa deriva invece da un altro ceppo linguistico mediorientale, dove l’animale veniva chiamato “Zarrafah”.
Chiarita ora l’ambiguità relativa al nome di questo animale esotico, è tutta da scoprire la strada che lo ha portato in cielo, a ricoprire un ruolo di primo piano tra le orse e la saga della famiglia reale etiope, ossia Cassiopea, Cefeo e Perseo.
Stranamente, questo particolare asterisma poco appariscente, che non si era meritato nessuna menzione da giganti del passato quali Ipparco e Tolomeo, è stato definito così come lo conosciamo da un teologo e pastore della Chiesa Riformista olandese che nel XVII sec. creò in tutto 12 delle costellazioni a noi note tra cui l’unicorno “Monocerontis” e la Giraffa “Camelopardalis”.

Rappresentazione piana della Nova et Exacta terrarum orbis tabula geographica ac hydrografica – 1594

L’autore in questione era Pieter Platevoet, noto ai più con il nome latinizzato di Petrus Plancius. Si tratta di un vero e proprio cartografo professionista che nel 1592 pubblicò “Nova et Exacta terrarum orbis tabula geographica ac hydrografica” di cui si riporta la raffigurazione piana datata 1594. Era la rappresentazione più completa e precisa del mondo allora conosciuto.

Petrus Plancius


Un cartografo dunque che ben presto si appassionò della volta celeste. In un epoca di grandi esplorazioni e missioni avventurose, quando il cielo australe era ancora poco conosciuto e tutto da scoprire, Plancius maturò un vivo interesse per la cartografia celeste dopo aver aiutato Jacob Floris van Langren a realizzare un globo celeste che per primo riportava dettagli del cielo australe come ad esempio le nubi di Magellano e la croce del sud.
L’interesse di Plancius fu tale che richiese, nel 1595 al capitano della nave Hollandia, Pieter Dirkszoon Keyser, di compiere osservazioni in merito alle aree di cielo attorno al polo sud celeste.
Nonostante la morte di Keyser solo l’anno seguente, Plancius ricevette, grazie anche al contributo dell’esploratore Frederick de Houtman, un catalogo di 135 stelle.
Grazie a queste osservazioni, il cartografo inventò le nuove costellazioni australi che riportò su un nuovo globo, costellazioni poi riprese anche da Bayer nella celebre Uranometria del 1603.
La giraffa comparve solo successivamente, nel 1612, assieme all’unicorno ed ad altre costellazioni inventate da Plancius allo scopo di riempire aree di cielo su di un nuovo globo di 26,5cm di diametro.
Tra le varie invenzioni del fiammingo ricordiamo a titolo di esempio la Freccia Australe, il Granchio minore, il Tigri, l’Eufrate ed il Giordano, cadute attualmente in disuso.
Il cartografo tuttavia si limitò a far comparire le nuove costellazioni senza farne mai una descrizione scritta. La prima descrizione della giraffa venne fatta ad opera di Jacob Bartsch, astronomo tedesco e cognato di Keplero, nel 1624.
Bartsch male interpretò il pensiero di Plancius ritenendo che Camelopardalis fosse non una giraffa, bensì un cammello riportando inoltre come si trattasse della catasterizzazione (attribuzione di un personaggio od animale mitologico ad una costellazione) del animale biblico che trasportò Rebecca a nozze con Isacco.
[61] Così Rebecca e le sue ancelle si alzarono, montarono sui cammelli e seguirono quell’uomo. Il servo prese con sé Rebecca e partì. [62] Intanto Isacco rientrava dal pozzo di Lacai-Roi; abitava infatti nel territorio del Negheb. [63] Isacco uscì sul fare della sera per svagarsi in campagna e, alzando gli occhi, vide venire i cammelli. [64] Alzò gli occhi anche Rebecca, vide Isacco e scese subito dal cammello. [65] E disse al servo: «Chi è quell’uomo che viene attraverso la campagna incontro a noi?». Il servo rispose: «È il mio padrone». Allora essa prese il velo e si coprì. [66] Il servo raccontò ad Isacco tutte le cose che aveva fatte. [67] Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l’amò. Isacco trovò conforto dopo la morte della madre.[Genesi 24,61-67]

Camelopardalus – Hevelius, Uranographia, XVII sec.

Da allora questo passo biblico viene legato ad una costellazione che non vi ha nulla a che vedere, tanto più che i principi ispiratori di Plancius, sebbene fosse un teologo e pastore riformista, erano legati alle esplorazioni, diari di viaggio e storia naturale.
Bartsch di fatto conosceva poco della costellazione della giraffa ed ancor meno del suo ideatore tanto da essersi evidentemente confuso con il nome latino del animale e ancor di più avendo attribuito l’ideazione ad Isaac Habrecht che ebbe solo il merito di riportarla nel suo globo datato 1621 (9 anni dopo quello di Plancius del 1612).

Per ammirare, od anche solo percorrere con lo sguardo, questa particolare costellazione è necessario avere la fortuna di stare sotto un cielo particolarmente limpido e privo di inquinamento luminoso. In alternativa, un binocolo od un piccolo telescopio possono già permetterci di osservarne le stelle che altrimenti ad occhio nudo risultano particolarmente sfuggenti.
Non è stato un caso infatti se Camelopardalis non deriva da una tradizione antica.
Nessuna stella ha un nome proprio e solo tre sono state nominate da Bayer: Alfa, Beta e Gamma.
Tuttavia è possibile trovare anche in questa porzione di cielo dei veri gioielli, come ad esempio la galassia nota come NGC2403 scoperta da William Herschel nel 1788 e facente parte del gruppo di M81. Infatti, carte alla mano, si vede presto che tale oggetto del profondo cielo è molto vicino alla costellazione dell’orsa.
Come talvolta accade, ciò che non brilla e non si rende appariscente viene trascurato, come è successo a questa area di cielo che invece è in grado di donare emozioni agli astrofili più appassionati. Talvolta basta grattare un poco la superficie per scoprire storie avvincenti ed appassionanti. Anche se la Giraffa non ha un mito proprio davvero calzante ed interessante, di certo la storia della sua genesi è particolare e degna di nota, come il suo nome ingannevole eppur così esotico ed a suo modo accattivante.

Camelopardalis, Stellarium, Costellazioni Occidentali

Infine questa costellazione ha da insegnare qualcosa con cui gli scienziati devono fare sempre i conti, ossia il fatto che non vedere niente, non significa che non ci sia niente da vedere, ma solo che dobbiamo guardare in modo diverso tutte le cose per poterne cogliere il vero e magari celato potenziale.

Bibliografia:
Grande guida dell’astronomia, Libreria Geografica in collaborazione con A.S.I., edizione aggiornata 2020
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
Storie del Cielo, Il giro del cosmo in 365 notti, seconda ed., di Ilaria Sganzerla
DeepSky: Camelopardus (Parte prima e parte seconda), di Stefano Schirinzi – Coelum.com

Immagini:
Wikipedia – the free enciclopedia
Stellarium (software desktop)
Atlascoelestis.com – di Felice Stoppa

Fabrizio Benetton

Fabrizio Benetton, classe 1986. Cresciuto a Padova, dove mi sono laureato in ingegneria, abito in Val di Non dal 2017. Da sempre sono appassionato di scienza e tecnologia ed ho sempre subito il fascino del cosmo e dell’esplorazione spaziale. Ho frequentato alcuni corsi on-line con l’Accademia delle stelle di Roma, maturando una passione molto forte, in particolare per lo studio delle stelle doppie. Ho iniziato a collaborare con Astronomia valli del Noce nel 2022 per quanto riguarda gli aspetti culturali dell’astronomia.

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