Questa foto è tutt’altro che perfetta, anzi, è evidente la scarsa integrazione. Ma allora perché ve la mostro, se non è poi così bella? Il motivo è semplice: questo soggetto è stato ripreso nelle due ore precedenti il sorgere del principale obiettivo della sessione.
Quando ho scaricato le immagini, ho notato un brutto alone e, già il giorno successivo, ho deciso di cambiare soggetto in quella stessa fascia oraria. Ho provato a elaborare le foto, ma vedere quell’alone persistente mi ha sconfortato, al punto da abbandonarle e persino cancellarle.
A distanza di mesi, però, mi sono chiesto: perché non provare a elaborarla di nuovo, cercando di mitigare quell’alone così invasivo? Così mi sono armato di pazienza e, alla fine, sono riuscito a ottenere un risultato. Non mi soddisfa del tutto, ma sono contento più per il processo che per il prodotto finale.
Riflettendo, mi sono reso conto di quante ore ho dedicato all’elaborazione: almeno 5 o 6, anche se non le ho misurate con precisione. E questo, per me, è parte integrante dell’astrofotografia. L’elaborazione è importante tanto quanto l’acquisizione. È vero che, se l’immagine è stata acquisita in modo ottimale, il processo di elaborazione risulta semplice e veloce. Tuttavia, è incredibile pensare a ciò che oggi è possibile fare, veri e propri “miracoli” che, solo dieci anni fa, per noi appassionati erano poco più che un miraggio.
